sabato 31 gennaio 2009

Google, quarantacinque minuti di blackout

Quarantaminuti di blackout telematico. Un buco nero che ha colpito uno dei cuori pulsanti della rete: Google, il motore di ricerca più utilizzato al mondo. Per impedire l'accesso a siti "sospetti", Google adotta da anni un sistema di diagnostica che avverte gli utenti sui possibili rischi che corrono navigando in questi spazi web. Oltre ad avvertire il navigatore, il motore di ricerca blocca l'accesso diretto al sito, costringendo chi sia convinto della sua scelta a scrivere direttamente sulla barra di navigazione del browser l'Url del sito in questione. Nei 40 minuti di fuoco è accaduto che ogni pagina web è stata erroneamente considerata infetta, rendendola di fatto irraggiungibile da Google. Per spiegare agli utenti i motivi del disagio è stato pubblicato un post sul blog ufficiale firmato dalla vice presidente Marissa Mayer: «Un semplice errore umano» è stato scritto. Il motore di ricerca lavora infatti insieme a un ente no-profit, il già citato stopbadware, i cui dipendenti compilano delle lunghe liste di siti pericolosi, in base alle segnalazioni di varie fonti. L'ultimo aggiornamento di questa listanon è stato correttamente processato e ha portato il motore a considerare tutti i siti come potenzialmente pericolosi. Il crollo di Google è stato immediatamente senalato dagli utenti online su Twitter e altri social network.

sabato 24 gennaio 2009

Gelmini annuncia su YouTube le materie della seconda prova

Mariastella Gelmini, il ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ha annunciato sul canale ufficiale di YouTube le materie della seconda prova negli esami di maturità nell'anno scolastico 2008/2009. Pochi mesi fa aveva deciso di fare di YouTube uno dei suoi mezzi di comunicazione. Un passo verso i giovani studenti, che grazie a questo canale possono interagire e commentare le scelte del ministro.

mercoledì 21 gennaio 2009

martedì 20 gennaio 2009

L'Inauguration Day di Obama sul web

Gli occhi di tutto il mondo sono puntati sugli States. Sarà mezzogiorno a Washington, le 18 in Italia, quando Barack Obama, primo afroamericano nella storia del Paese, pronuncerà il suo giuramento da presidente degli Stati Uniti. E’ giunta l’ora dell’Inauguration Day. Un’altra giornata memorabile per il Web 2.0. Saranno milioni gli utenti che seguiranno a partire dalle 18 l’evento atteso dalla data delle lezioni, il 4 novembre 2008. Già da adesso sul sito http://edition.cnn.com/live/ si possono seguire i commenti, i preparativi e la diretta dell’evento. E quest’anno la Cnn ha sbaragliato la concorrenza con due iniziative innovative e assolutamente nei canoni del Web 2.0. Le fotografie inviate da chi parteciperà all’inaugurazione verranno rielaborate e inserite in una panoramica 3D grazie all’accordo con Microsoft Photosynt. Inoltre grazie a un accordo con il più importante social network del momento, Facebook, gli utenti registrati potranno seguire e commentare la giornata dell’inaugurazione insieme agli amici virtuali, dei quali vedranno in tempo reale gli aggiornamenti di status. Sempre su Facebook, il gruppo Inauguration 2009 in DC — Where to Go, What to Do!! conta già 25mila iscritti. Current TV, la televisione fondata da Al Gore con una programmazione basata su contenuti forniti dagli spettatori, fornirà lo stream via Twitter. Proprio Twitter, la piattaforma di microblogging invece smisterà le notizie e risorse dedicate all’evento. Sulla rete sono migliaia i messaggi, i commenti e le notizie dedicate all’insediamento di Obama, basta digitare su un motore di ricerca le parole “Inauguration" o “Obama". Un guida alle risorse della rete, comprese le applicazioni per l’iPhone, sono fornite da TechCrunch. Naturalmente, nella tradizione lanciata da Obama, non può mancare il sito dedicato all'Inauguration day.
Un nuovo giorno per l'America, un giorno in più di web 2.0.

lunedì 19 gennaio 2009

YouTube: arriva il canale del Vaticano

Benedetto XVI arriva su YouTube grazie a un accordo siglato tra Google e il Vaticano. I discorsi di Benedetto XVI potranno quindi essere visti sul sito web attraverso un canale ad hoc. L'iniziativa del Centro Televisivo Vaticano e della Radio Vaticana sarà illustrata, nel corso della presentazione del messaggio per la 43esima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, il prossimo 23 gennaio.
Secondo l'accordo sottoscritto con Google, il Vaticano potrà avere un proprio canale sul sito di video sharing YouTube, dove tutti gli utenti cattolici potranno seguire gli eventi della Chiesa, ascoltare e vedere i principali discorsi del Papa, Benedetto XVI. Una scelta che di certo farà discutere, ma che può essere vista come la volontà di aggiornarsi e di stare al passo con i tempi. La Santa sede sul web permetterà ai cattolici di tutto il mondo lontani da Roma e dall'Italia, di sentirsi parte della comunità, anche se in maniera virtuale. Inoltre può essere un espediente per avvicinarsi al popolo di Internet e per il rafforzamento della religione cristiana. Di sicuro è uno step importante per il Vaticano che si avvicina ai nuovi media e muove i primi passi verso il Web 2.0.

domenica 18 gennaio 2009

Dress registry: come prevenire l'imbarazzo

Se qualcuno si sta chiedendo qual è l’incubo peggiore di una donna, la risposta è semplice. Non c’è cosa peggiore che comprare un vestito costoso, perdere lunghe ore per scegliere gli accessori adatti per poi scoprire che alla grande occasione, un’altra donna indossa la stessa mise. Terrore e orrore. A questo punto le chances sono poche. Correre a cambiarsi, nascondersi sperando di esser inghiottiti dal pavimento oppure per le più intraprendenti sfoderare un enorme sorriso e far finta di nulla. Dall’incubo non sono immuni neanche le first lady. Tutti ricordano l'imbarazzo in cui si trovò la first lady Laura Bush nel 2006. Quando arrivò al Kennedy Center Honors, uno degli eventi più glamour di Washington, altre tre donne avevano il suo stesso vestito firmato Oscar de la Renta e fu costretta a cambiarsi. E un inconveniente del genere non può rovinare la festa delle belle signore dell’high society americana. Per prevenire lo spiacevole intoppo decine di donne che parteciperanno ai balli inaugurali per l'insediamento del Presidente eletto degli Stati Uniti, Barack Obama, stanno prendendo le giuste precauzioni registrando i propri abiti sul un sito, http://www.dressregistry.com/. Addio effetto sorpresa, ma almeno ansie e preoccupazioni saranno lasciate nel cassetto. Abiti firmati da stilisti come Calvin Klein e Carolina Herrera sono in cima alla lista, ma c'è anche almeno una signora che ha optato per il marchio nazional-popolare Banana Republic.
Il sito è stato lanciato il 1 dicembre da Andrew Jones, un consulente del settore automobilistico della Florida che ha tratto l'ispirazione dopo un viaggio della moglie a New York per comprare un vestito che nessuno potesse trovare nella loro città.
Top secret rimane l’abito che Michelle Obama indosserà domani al giuramento del marito come 44esimo presidente degli Stati Uniti. Fonti dello staff della prossima first lady, infatti, hanno dichiarato al Washington Times che "non ci sarà nessuna comunicazione a riguardo prima di martedì". La scelta di non rendere noto a quale stilista la signora Obama, che da tempo ha conquistato le americane per la sua passione per il pret-à-porter, spesso a buon prezzo, si sia affidata per il look del giorno più importante della carriera del marito rappresenta un piccolo strappo rispetto alla tradizione.

giovedì 15 gennaio 2009

Dentro la guerra

Novantacinque. E' questo il numero dei reporter uccisi nel 2008 durante l'esercizio della loro professione, secondo un rapporto diffuso da Press Emblem Campaign, associazione umanitaria indipendente con sede a Ginevra. I dati del consueto rapporto di fine anno confermano quindi per il 2008 un calo del numero dei giornalisti uccisi nell'esercizio della loro professione, che aveva toccato il picco massimo nel 2007, anno in cui si registrò la morte di 110 reporter. L'Iraq è il paese che ha lasciato la scia di sangue più lunga: le vittime quest'anno sono ben quindici. Una cifra elevata ma in calo se paragonata all'incredibile dato del 2007, quando ben cinquanta giornalisti trovarono la morte sul territorio iracheno. Sono 265 i giornalisti uccisi in Iraq dall'inizio della guerra, una lunga scia di sangue che conferma il territorio iracheno per il sesto anno consecutivo il paese più pericoloso per i giornalisti. Le altre aree calde sono il Messico, con 9 reporter uccisi, l’India e il Pakistan, rispettivamente con otto e sette vittime. Seguono le Filippine, la Georgia con 5 vittime e la Russia con 4, triste lascito di quel che accadde durante la scorsa estate. Naturalmente il dato non tiene in considerazione le intimidazioni e le minacce che i giornalisti e reporter sono costretti a subire in diversi paesi del mondo. Secondo Reporters sans frontières, i giornalisti incarcerati lungo quest'anno, mentre sono ben 69 i blogger che hanno pagato con la propria libertà l'aver pubblicato su internet informazioni e opinioni scomode. Morti che parlano di una lotta per la ricerca delle verità. E il 2009 non inizia con numeri positivi. I reporter uccisi in appena due settimane sono già sei: due in Pakistan, uno in Nepal, Sri Lanka, Somalia e Striscia di Gaza. E chissà da adesso alla fine dell’anno quale sarà il drammatico conto delle vittime.



lunedì 5 gennaio 2009

"O noi o loro". Facebook: protesta contro gruppi pro mafia

30.934. Nel momento in cui mi iscrivo al gruppo “Fuori la mafia da Facebook” è questo il numero di utenti che ha deciso di aderire. Il gruppo è nato il 30 dicembre e in soli sei giorni ha raggiunto un enorme numero di persone che hanno messo la loro faccia e il loro nome per una lotta che non ha età e confine. Perché è ovvio, la mafia non è solo una piaga siciliana. E così gli abitanti di Facebook reagiscono e si mobilitano contro le pagine (in aumento) che innalzano agli onori e alla gloria mafiosi dai nomi illustri come Riina e Provenzano. Da Palo Alto, in California, dove si trova la sede di Facebook fanno sapere che non sarà effettuata alcuna censura. Giusto alcuni giorni fa avevo già scritto della rimozione di alcune foto che ritraevano donne mentre allattavano al seno. Una decisione discutibile, come opinabile è la scelta di rimanere inermi di fronte alla nascita di questi gruppi che inneggiano alla mafia. In ogni caso è già scattata la protesta degli utenti che, già in cinquantamila, hanno raccolto l'appello di pagine come "O noi o loro, 100mila firme contro la mafia on line", "Fuori la mafia da Facebook", "No alla mafia sui social network" oppure "A noi la mafia fa schifo".
E' in rete anche una petizione rivolta al presidente della commissione parlamentare antimafia Beppe Pisanu: "Non possiamo accettare che vi sia chi alimenti un fenomeno devastante e chi inneggi alle gesta dei carnefici degli uomini dello Stato". Un'altra petizione è per il ministro delle Telecomunicazioni: "Non si può lasciare i social network senza una corretta gestione, altrimenti chiediamo anche la loro chiusura per complicità in apologia di reato, punibile secondo il nostro codice penale".
La protesta antimafia adesso viaggia anche su internet.
Entro nella pagina che inneggia a Riina. Gli occhi di quel sanguinario assassino mi fissano e provo quasi una senso di nausea. Per noi giovani siciliani che nel '92 eravamo solo bambini e che abbiamo visto negli occhi dei nostri genitori il vuoto, la disperazione, la rabbia e le lacrime, scrivere di gruppi che decantano i mafiosi è un pugno allo stomaco. Tra i fan vedo i volti di giovanissimi e leggo alcuni commenti riprovevoli. A volte sembra che debba rimanere solo lo sconforto, ma poi tornano alla mente le parole di Giovanni Falcone. L'appello di Papa Giovanni Paolo II nella valle dei templi di Agrigento e la lotta che non si fermerà mai perché le loro idee camminano sulle nostre gambe.

(Tratto da BluNotte)