Quarantaminuti di blackout telematico. Un buco nero che ha colpito uno dei cuori pulsanti della rete: Google, il motore di ricerca più utilizzato al mondo. Per impedire l'accesso a siti "sospetti", Google adotta da anni un sistema di diagnostica che avverte gli utenti sui possibili rischi che corrono navigando in questi spazi web. Oltre ad avvertire il navigatore, il motore di ricerca blocca l'accesso diretto al sito, costringendo chi sia convinto della sua scelta a scrivere direttamente sulla barra di navigazione del browser l'Url del sito in questione. Nei 40 minuti di fuoco è accaduto che ogni pagina web è stata erroneamente considerata infetta, rendendola di fatto irraggiungibile da Google. Per spiegare agli utenti i motivi del disagio è stato pubblicato un post sul blog ufficiale firmato dalla vice presidente Marissa Mayer: «Un semplice errore umano» è stato scritto. Il motore di ricerca lavora infatti insieme a un ente no-profit, il già citato stopbadware, i cui dipendenti compilano delle lunghe liste di siti pericolosi, in base alle segnalazioni di varie fonti. L'ultimo aggiornamento di questa listanon è stato correttamente processato e ha portato il motore a considerare tutti i siti come potenzialmente pericolosi. Il crollo di Google è stato immediatamente senalato dagli utenti online su Twitter e altri social network.
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