venerdì 12 dicembre 2008

"Nati digitali, una generazione senza avi"

I"nati digitali", coloro cioè che sono nati all'inizio degli anni '90 insieme con il World Wide Web e che quindi oggi hanno 16-18 anni, sono una realtà nuova con cui bisogna cominciare a fare i conti. E' questo il messaggio, alquanto netto, lanciato da Michael Wesch, docente di psicologia culturale alla Kansas University, nel suo intervento durante la conferenza "Nati digitali, una generazione senza avi", tenuta venerdì 28 dicembre, all'Accademia dei Lincei organizzata da Media Duemila e dall'Osservatorio TuttiMedia, con la collaborazione della Fondazione Ugo Bordoni, in ricordo di Giovanni Giovannini. Il prof. Wesch, con la sua ricerca, ha voluto indagare sugli aspetti culturali di YouTube, analizzando il suo ruolo all'interno dell'ampio panorama dei social media "dove le identità, i valori e le idee sono prodotte, riprodotte, messe in gioco e negoziate in nuovi modi" e attraverso il racconto di tre “storielle” ha voluto dimostrare come la società sia stata, negli ultimi anni, profondamente condizionata dall'evoluzione del web.La prima storia si riferisce a Kevin Kelly, giornalista ed esperto di cultura digitale, che, già nei primi anni '80, ha cercato di convincere la famosa rete televisiva americana ABC a comprare un proprio spazio sul web. La richiesta di Kelly, però, si è dovuta scontrare con lo scetticismo di questo colosso mediatico, ancorato alla sua lunga tradizione. Il tempo ha dato però ragione a Kelly: l'ABC, che ha iniziato le sue trasmissioni nel 1948 e che da sessant'anni costruisce e trasmette contenuti mediatici, si è vista, oggi, superare dal giovane YouTube, che, in meno di quattro anni, ha raccolto più di 200.000 video.La seconda storia ha, invece, come protagonista Gary Brosnan, teenager del New Jersey, che dalla sua piccola camera da letto, con l'utilizzo di una web cam, ha creato un proprio video rielaborando la hit dance moldava “Dragostea Din Tei”, diventando così un fenomeno internazionale visto da più di un miliardo di visitatori. Il video di Brosnan, nato come un gioco, è diventato “un rituale con senso”, e ha rivalutato l'utilizzo della web cam; oggi, infatti, persone di tutto il mondo creano video personali dalle loro camere e li diffondono attraverso YouTube, piattaforma virtuale, nata nel 2005, a cui “tutti possono contribuire”. “Gary è stato il primo mixer virtuale, la celebrazione di una nuova forma di comunità che può comunicare attraverso il web, egli rappresenta il nuovo mondo in cui viviamo”.La terza storia si basa su un esperimento effettuato da Wesch stesso al fine di dimostrare il nuovo modo di comunicare attraverso il web che “non connette l'informazione, ma le persone”. Wesch ha girato un semplice video in cui riprende la sua casa in Kansas e l'ha pubblicato su digg.com, un sito web di social bookmarking in cui le notizie ed i collegamenti sono proposte dagli utenti, e sono poi promosse in prima pagina in base ad un sistema di graduatoria basato sulla valutazione degli altri utenti della comunità. Questo semplice video ha riscosso un inaspettato successo: è stato scelto per essere pubblicato sulla prima pagina, già al terzo giorno contava più di mille visitatori, è rimasto tra i primi cinque anche durante il Super Bowl Sunday, evidenziando che le persone, hanno preferito un video privato, girato gratuitamente, alle costose pubblicità. Con il suo esperimento il professor Wesch ha voluto, dunque, dimostrare che “al centro del media scope ci siamo noi, quindi i media non sono solo mezzi di comunicazione ma sono mediatori di relazioni sociali. Cambiando il modo di comunicare cambiano anche le relazioni sociali”.You tube ha continuato a essere oggetto del discorso di Gary Wesch che ha mostrato l'infinito numero di fenomeni che possono crearsi all'interno di questa piattaforma. Uno di questi è il cosiddetto “collasso del contesto”, che avviene quotidianamente con i video su Youtube e che è legato al problema del «remixing», ovvero la creazione di contenuti multimediali nuovi usando materiali già esistenti protetti da copyright. “Youtube a volte può diventare anche spietato- sostiene Wesch- perchè dà la possibilità di creare un crollo del contesto e modificare ciò che la persona ripresa dice”. Basti pensare ai video scherzosi che vedono come protagonisti i politici che, immersi in un contesto diverso, vengono ridicolizzati. A dimostrazione di tutto questo sono stati proiettati due famosi video: il primo è quello di “Geordie”, ovvero il filmato in cui un bambino neonato morde il dito del fratellino che urla “ahi Geordie!” ripetutamente, di cui sono stati girati numerosi remake e addirittura un dj ha inciso una canzone riutilizzando l'esclamazione del bambino su una base musicale mixata da lui. L'altro video è quello del “ballo del Numa Numa” in cui un gruppo di ragazzi di colore si dimenano in passi di danza a ritmo di una loro canzone. Questo video ha fatto il giro del mondo ed anche esso è stato oggetto di numerosi remake, tanto che una casa discografica ha offerto un contratto ai giovani artisti del Numa Numa. Nell'agosto 2007 è stato poi girato il video ufficiale di questa band e la canzone è rimasta in cima alle classifiche Usa per sette mesi e ha addirittura vinto un Emmy Awards.Altro fenomeno che si verifica all'interno di Youtube è il “collab”, cioè la collaborazione tra più persone per dare vita a un video. Emblematico è il filmato nato dall'unione di duemila persone che hanno scritto un messaggio sulla propria mano (la maggior parte “one world”) e l'hanno messo in primo piano davanti alla web cam, a dimostrazione di come attraverso il web si possa creare una vera e propria comunità. Wesch infatti afferma che “ognuno di noi è solo e cerca di raggiungere gli altri, perchè sente che qualcosa manca nella propria vita; tutti coloro che usano You Tube, infatti, cercano principalmente unione”, il sentirsi parte di qualcosa e condividere gli stessi bisogni.Infine Gary Wesch ha parlato del gruppo di lavoro che lui stesso ha costituito con 15 studenti per «integrarsi nella comunità di Youtube». Ne è venuta fuori una ricerca intitolata «Digital Etnography» dalla quale emerge un mondo di realtà interconnesse, fatto di «media that mediate the relationship», ovvero i mezzi di comunicazione che mediano le relazioni umane.

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